Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone
A queste motivazioni a La Maddalena se ne aggiungevano delle altre legate alla peculiarità della propria recente storia. Gli abitanti (circa 800) in gran parte nati in Corsica o figli di genitori corsi, sebbene profondamente legati a quella terra vicina, di là delle Bocche di Bonifacio, nella quale abitavano ancora nonni, zii, cugini, fratelli, della quale parlavano orgogliosamente la lingua e ne conservavano le tradizioni, con l’occupazione militare piemontese e con il passaggio alla nuova condizione di sudditi sabaudi, avevano goduto di una sorta di affrancamento, svincolandosi socialmente ed economicamente dal sistema feudale corso.
La condizione di sudditi del Re di Sardegna oltre a proteggerli dal rischio, sempre presente, di incursioni barbaresche, offriva loro alternative di lavoro legate alla presenza stessa di truppe (fornitura di carni, pesce, prodotti agricoli ecc.), alla costruzione di fortificazioni e locali militari, al piccolo cabotaggio legale e di contrabbando (in qualche maniera tollerato dalle autorità militari), o all’arruolamento stesso sui Reali Legni. Indubbiamente dovettero essere forti, sofferti e contrastanti i sentimenti all’interno della piccola comunità corso-maddalenina e più d’una volta, in molti, avrà prevalso, dirompente, il richiamo del sangue. Di ciò erano ben consapevoli sia alla corte viceregia di Cagliari che presso i comandi militari di La Maddalena. L’invasione della Sardegna era stata insistentemente richiesta dai rivoluzionari corsi sia per fini ideali sia per motivi economici.
I bonifacini, nell’operazione, erano in prima linea, particolarmente auspicando la riconquista dell’arcipelago maddalenino. Da buoni corsi non avevano dimenticato i torti subiti 25 anni prima quando i loro servi e parenti avevano abbracciato senza alcuna convincente resistenza la causa dei Savoia.
(6-continua) Claudio Ronchi